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LO SCUDO PENALE ED IL MASSIMARIO DELLA CORTE DI CASSAZIONE

LO SCUDO PENALE ED IL MASSIMARIO DELLA CORTE DI CASSAZIONE

L’Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione ha recentemente depositato la propria relazione sulle novità legislative previste dal cosiddetto “scudo penale” per i medici.

Ma che cos’è l’Ufficio del Massimario? E cosa ha chiarito?

Il Massimario è l’ufficio interno alla Corte di Cassazione che ha il compito di analizzare le decisioni (cioè le sentenze e gli altri provvedimenti) emesse dai Giudici di Cassazione, verificando se esistono degli orientamenti di interpretazione delle norme e redigendo delle relazioni periodiche – a beneficio dei Giudici, degli Avvocati e di tutti gli interessati – sui vari settori del diritto.

Recentemente, come detto, il Massimario si è occupato dello scudo penale dei medici, emanato con DL 44/2021, convertito con L 76/2021 che, come noto, disciplina i casi di somministrazione del vaccino COVID e gestione dei pazienti nel contesto emergenziale.

L’art. 3 dello scudo prevede infatti che non sia punibile penalmente per i reati di omicidio e lesioni personali il medico che, nel somministrare il vaccino COVID-19 si attiene ai protocolli, circolari ed autorizzazioni delle pubbliche autorità riconosciute.

L’art. 3 bis, introdotto con la legge di conversione, dispone inoltre che in caso di morte o lesioni gravi subite dal paziente, che trovano causa nella situazione di emergenza, il medico ed il sanitario sono punibili per i soli casi di colpa grave. Per stabilire i casi di colpa grave, il giudice deve tenere conto, tra l’altro, della limitatezza delle conoscenze scientifiche della patologia e delle cure COVID, della scarsità dei mezzi e risorse disponibili, ed in definitiva della situazione complessiva di estrema difficoltà (oggettiva e soggettiva) in cui operano i sanitari.

Il Massimario, allora, ha offerto un’interpretazione ampia della norma, specificando che l’art. 3 limita la responsabilità penale del sanitario vaccinatore entro i limiti della colpa grave sia nei casi di imperizia (cioè la mancanza di abilità necessaria, soprattutto nell’esecuzione di un’azione, nel rispetto delle regole di cautela), che in quelli di imprudenza (un comportamento, anche omissivo, avventato e non ragionato) e negligenza (il non aver fatto quello che era doveroso fare), a differenza di quanto stabilisce la Legge Gelli per i casi “ordinari”, nei quali si limita la punibilità del sanitario entro i confini della colpa grave con riferimento alla sola ipotesi di condotta imperita.

Tale interpretazione, invero, anche se per un “profano” è di difficile comprensione e sembra superflua, risolve invero una serie di questioni abbastanza articolate, risolvendosi effettivamente in un conforto per il medico.

Per quanto concerne l’art. 3 bis, inoltre, il Massimario ha precisato che esso contiene un’indicazione esemplificativa e non esaustiva dei fattori di cui il Giudice deve tenere conto per l’individuazione della eventuale colpa lieve o grave (con esclusione della responsabilità nei casi diversi da quest’ultima).

Infine, è stato specificato che, trattandosi di normativa penale di favore nei confronti dell’imputato, essa dovrà essere applicata anche ai fatti verificatisi precedentemente rispetto all’entrata in vigore della norma, per il principio del cosiddetto favor rei, secondo quanto prevede la nostra Costituzione (art. 3) ed il codice penale (art. 2 co 4), e dunque sin dal momento della prima dichiarazione dello stato di emergenza, il 30 gennaio 2020, sino al termine dello stesso.

In definitiva, l’ufficio del Massimario ha aggiunto qualche interessante tassello all’interpretazione di una norma che, per espressa conferma espressa nei lavori preparatori, mira a “rassicurare il personale sanitario e in generale i soggetti coinvolti nelle attività di vaccinazione”, soprattutto a seguito dei decessi avvenuti in un momento successivo rispetto alla somministrazione del vaccino Astrazeneca, e tende a scongiurare il pericolo che i medici si rifiutino di eseguire le vaccinazioni (così causando ritardi nella campagna vaccinale) ed attuino approcci di autotutela di medicina difensiva estremamente costosa e pericolosa.

Il Massimario ha tuttavia anche riportato qualche dubbio sulla portata concreta della norma emergenziale – dubbio peraltro già sollevato da tantissimi esperti del diritto – riprendendo affermazioni, condivise dal Massimario, che hanno evidenziato che in entrambe le ipotesi, sia quella dell’art. 3 che quella dell’art. 3 bis, si tratta di cause di “non punibilità”, e cioè di casi che deve valutare il giudice durante il processo.

Ciò comporta che il medico viene sempre coinvolto nelle indagini e nel processo, e che solo al termine di questi, appunto, il giudice stabilisce che non vi è responsabilità e che quindi il sanitario debba essere assolto… ipotesi che già si verifica – statisticamente – in più di 9 casi su 10.

Ciò, a riconferma del fatto che, volente o nolente, è il medico che deve prendere in mano la propria posizione e professionalità, e deve pensare a difendersi autonomamente in prima persona, sia in giudizio che soprattutto in via preventiva.

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