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Quando si può parlare di mancanza di consenso informato? La difesa del medico

Quando si può parlare di mancanza di consenso informato? La difesa del medico

Molto spesso, a seguito di un intervento o di un trattamento particolarmente invasivo, che non ha ottenuto – anche solo parzialmente – l’esito sperato, il paziente ed i suoi familiari lamentano la mancanza del consenso informato e chiedono conseguentemente il risarcimento dei danni al medico ed alla struttura.

Ma quando si può parlare di mancanza di consenso informato?

Chiariamo innanzitutto che il concetto di consenso informato, nel diritto italiano, in senso moderno si richiama direttamente con il diritto costituzionalmente protetto per cui: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” (Cost. art. 32).

Tale diritto è emanazione immediata dei principi di inviolabilità della libertà personale e dell’autodeterminazione, per cui, in campo medico, come ha ribadito anche la Corte di Cassazione: “Se è vero che ogni individuo ha diritto di essere curato, e gli ha, altresì, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative; Informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente, e quindi la sua stessa libertà personale, conformemente all’art. 32, II co, Costituzione. Discende da ciò che è consenso informato deve essere considerato un principio fondamentale in materia di tutela della salute”.

La forma del consenso informato

Molto dibattuta in questi anni è la questione della forma del consenso informato.

I pazienti infatti, in causa, spesso pretenderebbero che se il modulo non è perfettamente compilato oppure non è assolutamente completo ed esaustivo, giudici debbano dichiarare automaticamente che il consenso informato non è stato reso, e che quindi il medico deve risarcire il danno dovuto alla violazione del diritto di autodeterminazione.

Questo, tuttavia, in realtà non risolverebbe il problema della prova della raccolta di un consenso pieno e consapevole, ed anzi spesso finirebbe con l’aggrovigliare ancora di più la questione: come si potrebbe in effetti realisticamente pretendere che un paziente comprenda un modulo di pagine e pagine in cui vengono riportati elenchi infiniti di esami diagnostici, rischi, benefici, termini tecnici scientifici? Evidentemente, il consenso diventerebbe ancor più cieco.

Ci si deve allora “rassegnare” all’idea che il vero consenso si forma solo con un colloquio, cioè con un dialogo tra medico e paziente, durante il quale il professionista mette in campo la propria esperienza, anche a livello comunicativo, ed il paziente accetta di fidarsi ed affidarsi al proprio medico.

Cosa che, purtroppo, negli ultimi anni talvolta manca.

Ed è proprio su questa base, invero, che anche la giurisprudenza ripete da tempo che il consenso informato, come presupposto di legittimità dell’attività medica, può essere reso anche solo oralmente, poiché non è la forma del consenso che lo rende idoneo o inidoneo ad essere inteso come consapevole e compiutamente formato, ma il suo contenuto.

Nello specifico, la Corte di Cassazione ha più volte affermato che “nel caso vi siano stati i ripetuti incontri tra medico e paziente in cui il primo ha illustrato al secondo oralmente tutte le informazioni sull’intervento, il dovere del medico di informare adeguatamente il paziente è da ritenersi assolto a fronte di un consenso prestato dallo stesso paziente anche se solo oralmente”.

È evidente, tuttavia, che questo apre altri fronti problematici, relativi soprattutto alla dimostrazione che grazie ai colloqui il paziente aveva compreso cosa lo attendeva e aveva prestato un valido consenso.

Come può, infatti, il medico, in una causa che si svolge a distanza di anni dagli eventi, a provare di aver fatto capire al paziente le caratteristiche, i limiti ed i rischi del trattamento che aveva proposto?

Per questo, in realtà, il problema è ancora aperto, e la questione dibattuta.

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