Farmaci off label nel trattamento del COVID-19:
la responsabilità del medico tra “attività pericolosa” e “caso di speciale difficoltà”
Il largo utilizzo dei medicinali off – label per la gestione e cura del COVID-19 ha portato prepotentemente all’attenzione della Giustizia le ipotesi di responsabilità del medico che ha somministrato tali farmaci.
In particolare le ipotesi sembrerebbero oscillare tra l’applicazione dell’art 2050 cc relativo alle attività pericolose e l’art 2236 cc noto in ambito sanitario per disciplinare i casi ritenuti di particolare complessità.
Ipotesi art. 2050 cc
Nel primo caso, l’art 2050 cc dispone l’obbligo di risarcimento per chi, nello svolgimento di attività pericolose, provochi un danno e non provi di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno stesso.
La giurisprudenza invero si è già espressa da tempo sulla qualificazione stessa di pericolosità, stabilendo che sono ritenute pericolose tutte quelle condotte indeterminate definibili tali dal Giudice e valutate caso per caso, secondo un criterio di prognosi postuma circa la potenzialità offensiva dei mezzi utilizzati.
Dunque, attesa l’inesistenza ad oggi di giurisprudenza specifica sul punto, il medico accusato di aver causato danni al paziente per la somministrazione di farmaci off label, se tale pratica venisse inquadrata come pericolosa ai sensi dell’art. 2050 c.c., per potersi liberare dalla responsabilità sarebbe costretto a dimostrare di aver applicato tutte le misure idonee ad evitare il danno, magari anche nelle fasi successive alla somministrazione, tramite monitoraggi costanti, visite frequenti e la redazione dettagliata della cartella clinica.
Dovrebbe altresì dimostrare di aver utilizzato quel farmaco specifico nella certezza non solo di un’inesistenza di intolleranza o sensibilità all’agente sul singolo paziente, ma anche perché l’impiego, come previsto dalla legge Di Bella, era supportato da una seppur minima evidenza scientifica.
E certamente dovrebbe dimostrare innanzitutto che il paziente era pienamente consapevole di sottoporsi ad una cura off label, e che aveva reso un consenso pienamente informato.
Ipotesi art. 2236 cc
Qualora invece i termini della questione si dovessero spostare non sulla somministrazione del farmaco ma, in modo più ampio, sul trattamento della patologia, si dovrebbe allora applicare l’art 2236 cc, che prevede il trattamento del professionista di casi di speciale difficoltà, inquadrando in tale modo il trattamento del COVID-19.
In questo caso, a differenza di quanto prevede l’art. 2050 c.c., la norma non stabilisce una presunzione di responsabilità in capo al sanitario, ed anzi sarà il paziente a dover dimostrare non solo il danno, ma anche la responsabilità ed il nesso di causa-effetto tra la condotta del medico e le conseguenze pregiudizievoli lamentate.
Inoltre, il medico sarà ritenuto responsabile e obbligato a risarcire il danno solo se colpevole di aver tenuto una condotta improntata a colpa grave.
Il binomio farmaci off label e responsabilità del medico risulta, quindi, tutt’altro che di facile risoluzione e purtroppo, si prevede, sarà oggetto di future pronunce vista l’attuale situazione di incertezza.
L’ordinamento, infatti, purtroppo, ha scaricato sui medici non solo la gestione dell’emergenza sanitaria concreta nelle corsie, ma anche dei rischi di ordine giuridico non previsti.
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Leggi la prima parte di questo articolo per approfondire la normativa italiana e i limiti di utilizzo Farmaci off-label e Covid-19