Torniamo a trattare il tema delle RSA perché, come ormai è noto a tutti, sotto i riflettori della cronaca, ma soprattutto sotto gli occhi attenti delle Procure di tutta Italia, vi sono proprio loro: le Residenze Sanitarie per Anziani.
Queste strutture infatti, a causa della diffusione della pandemia, sono state in molti casi teatro di numerosi decessi, contagi a macchia d’olio e problematiche di gestione e trattamento dei pazienti ivi residenti.
E’ una problematica nuova quella che si trovano a fronteggiare queste strutture perché, prese d’assalto dalle verifiche e dagli accertamenti che la Magistratura effettuerà presso le loro sedi, dovranno fare i conti con un elevato tasso di rischio e di esposizione anche economico-finanziaria che potrebbe, in alcuni casi, porre fine alla vita stessa delle strutture.
Ciò che da più fronti si segnala è infatti l’inesistenza, e conseguentemente la mancata applicazione, di protocolli specifici idonei e sufficienti a limitare gli effetti disastrosi che la pandemia di Covid, che ci sta colpendo in questi mesi, ha di fatto comportato in queste strutture.
Una domanda a questo punto sarebbe opportuno porsi: perché?
Perché questi contagi dilaganti?
Perché la mancata applicazione di tali protocolli da parte del personale sanitario?
La risposta è la mancata previsione degli stessi, con ciò lasciando ampia discrezionalità alle strutture e ai sanitari stessi.
Da ciò discende, con un effetto travolgente, la responsabilità della struttura nei confronti di tutti i pazienti, nonché dei loro eredi, per tutti i danni subiti e ancor peggio di una esposizione a responsabilità da reato.
A questo punto verrebbe da chiedersi perché tale responsabilità ricada direttamente ed esclusivamente sull’intera struttura?
È un dato di fatto, noto sopratutto agli operatori del settore, che per queste strutture non viga l’obbligo di formulare e applicare dei modelli organizzativi cosiddetti 231.
Tali modelli, derivanti dall’applicazione del d. lgs 231/2001, formulati ad hoc per le varie strutture e tarati sulle specifiche esigenze lavorative, permetterebbero, una volta sottoscritti e posti a conoscenza dei dipendenti, di mettere “al riparo” da quella responsabilità penale derivante dai comportamenti dei singoli dipendenti ovvero della struttura stessa nello svolgimento delle proprie mansioni, con ciò ovviamente evitando quella super esposizione, anche economica, ora tanto temuta dalle RSA.
Tanto premesso però, la situazione attuale è quella di chi tale modello non lo ha applicato ne previsto e si trova sotto bersaglio delle Procure.
Che fare a questo punto?
Una soluzione c’è.
La legge stessa infatti prevede la possibilità di ottenere dei benefici premiali in occasione dell’erogazione della condanna, qualora le strutture sotto accusa dimostrino di aver adottato, prima dell’apertura del dibattimento, un Modello idoneo.
C’è ancora un po’ di tempo quindi.
Agendo con rapidità e lungimiranza tali strutture potrebbero ancora salvarsi da un sicuro naufragio creando ed attuando dei Modelli 231 idonei, con ciò vedendosi ridurre, anche sotto un profilo economico – interdittivo le sanzioni a cui altrimenti andrebbero incontro e in definitiva permettendogli di continuare a svolgere la propria attività.
Il Modello 231, pur restando quindi strumento non obbligatorio diventa, in questo contesto di allarme, uno scudo e un salvagente a cui aggrapparsi nel tentativo concreto di arginare i danni.
Sei un direttore sanitario di una RSA e vuoi tutelare la tue struttura e prevenire i rischi futuri?
Hai redatto un modello 231 che necessita di adeguamento?
Per ulteriori approfondimenti sul tema leggi anche RSA e Assicurazioni: quale Tutela?