Trattamento dei dati sensibili ai tempi del Covid
La situazione di emergenza sanitaria causata dalla rapida diffusione del Covid-19 ha indotto le Autorità a modificare i parametri e criteri solitamente utilizzati per la gestione e il trattamento dei dati sensibili delle persone – privacy.
In particolare ad occuparsi di ciò è stato il D.L. 9 marzo 2020 n. 14, che prevede all’art. 14 una specifica disposizione sulla protezione dei dati personali nel contesto emergenziale.
Tale disposizione prevede per il momento attuale e fino al termine dello stato di emergenza, per motivi di interesse pubblico, la possibilità per i soggetti operanti nel Servizio nazionale di protezione civile, nonché per gli uffici del Ministero della salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, per le strutture pubbliche e private che operano nel settore socio sanitario e per i soggetti deputati a monitorare e a garantire l’esecuzione delle misure di contenimento ad oggi previste, di effettuare trattamenti, ivi inclusa la comunicazione e trasmissione dei dati personali, che risultino necessari all’espletamento delle funzioni attribuitegli.
Di tale diversa modalità di trattamento dei dati personali potrà essere data sommaria informazione all’interessato, anche in forma esclusivamente orale.
Ciò al fine di facilitare e rendere più agevole una procedura che si innesta in un complesso meccanismo di tutela delle persone (si pensi ad esempio ai degenti presso gli ospedali), senza dover gravare di ulteriori oneri la posizione dei sanitari occupati nella gestione della pandemia.
I sanitari possono ora trasmettere dati sensibili: ma con quali rischi?
Questo, tuttavia, se da un canto facilita le operazioni di raccolta e trasmissione dei dati sensibili da parte dei sanitari, rischia – in ottica di lungo periodo – di creare problemi a medici e personale sanitario, che difficilmente potranno offrire la prova di aver dato una corretta informativa ai pazienti.
Insomma, si teme un’ondata di cause e ricorsi per mancanza di informativa, e l’unico strumento dei sanitari può essere quello di far sottoscrivere comunque ai propri pazienti un modulo di aver acquisito le informazioni essenziali.
Purtroppo, tuttavia, a causa dell’emergenza e del poco coordinamento, i moduli che nasceranno saranno di tanti tipi: a volte si invocherà la loro incompletezza, altre volte la genericità.
E non sarà di consolazione che si preveda che i dati personali raccolti nell’ambito delle attività di sorveglianza, trattati al fine di evitare la diffusione del virus, debbano essere distrutti decorsi 60 giorni dalla raccolta, ove non si sia poi verificato alcun caso sospetto.
Gli operatori del settore sanità, dunque, sono chiamati ad un ulteriore sforzo: tutelarsi per il futuro, anche dal virus della privacy.