Compie gli anni in questi giorni la legge Gelli Bianco, che ha riformato la disciplina della responsabilità civile e penale del medico.
La legge, come ormai noto, ha come scopo espresso la sicurezza delle cure in sanità, come parte costitutiva del diritto costituzionale alla salute, e dunque il paziente viene messo al centro della tutela.
La legge ha cercato in realtà anche di pensare alla tutela dei medici, prevedendo sotto il profilo penale, che non può essere punito il medico “quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto” (art. 6).
Sul fronte del risarcimento del danno chiesto dai pazienti, inoltre, la legge Gelli Bianco ha disposto che che la responsabilità del medico sia di tipo extracontrattuale: “L’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 c.c., salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente”.
La tutela del medico per la responsabilità professionale sta proprio in questo, perché con questo meccanismo si prevede sia il paziente (e non il medico) a dover provare in causa i fatti, il danno e il collegamento causale tra le condotte e l’evento.
In realtà, tuttavia, tale alleggerimento è più formale che sostanziale, considerato che nelle cause sanitarie il vero centro della causa è la consulenza medico-legale, che secondo la giurisprudenza fa prova sia della responsabilità che del collegamento (nesso) causale.
Ciò significa che, secondo la legge Gelli Bianco, se il paziente otterrà (come al 99,9% dei casi accade) di effettuare in causa la consulenza medico-legale, riuscirà già a provare tutto quello che gli interessa perché il medico venga condannato, senza grande fatica.
Il vero cambiamento portato dalla legge Bianco Gelli, allora, è solo nel tempo di prescrizione, che passa dai 10 anni (come era inteso precedentemente) a 5 anni.
È bene tuttavia sottolineare che basta una qualsiasi raccomandata o una qualsiasi richiesta risarcitoria per interrompere questo termine, e quindi basta una lettera in 5 anni perché il tempo venga annullato e si debba ripartire da zero.
Vi è poi da considerare che l’obbligatorietà prevista per i medici di stipulare un’assicurazione professionale, e la debolezza invece patrimoniale e assicurativa di molte strutture ospedaliere, rendono per il paziente che sostiene di avere subito un danno da malasanità molto più appetibile il patrimonio del medico e della propria compagnia assicurativa.
Purtroppo, la mancanza – a distanza di 4 anni dalla promulgazione della legge Gelli – dei decreti attuativi sull’obbligo, limiti e caratteristiche delle assicurazioni, rende la situazione ancora più incerta ed articolata.
In definitiva i sanitari si trovano di fronte al fatto che il medico, purtroppo, verrà sempre coinvolto nelle cause e nei processi di responsabilità sanitaria: da una parte perché la responsabilità penale è personale, e quindi il paziente denuncerà (e potrà denunciare) sempre e solo il medico, dall’altra perché è il medico che effettivamente entra in contatto con il paziente, e è su di lui che il paziente conta.
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