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Responsabilità del medico per le vaccinazioni COVID-19: lo scudo penale è efficace?

Responsabilità del medico per le vaccinazioni COVID-19: lo scudo penale è efficace?

Il 1.4.2021 è entrato in vigore il decreto legge numero 44, che prevede l’agognato “scudo penale” per i medici che eseguono le vaccinazioni COVID-19.

Ma che cos’è questo scudo?

Era davvero necessario?

E soprattutto… è una protezione efficace per i medici e sanitari?

Ecco innanzitutto cosa prevede la normativa: “per i fatti di cui agli articoli 589 590 del codice penale (cioè per morte e per lesioni personali: ndr) verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2 … la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del ministero della salute relative alle attività di vaccinazione” (art. 3 DL 44/2021).

È stato detto, di conseguenza, che il medico risponde solamente per “colpa grave”, quando non ha seguito le indicazioni delle autorità sulla somministrazione del vaccino, e cioè ha violato le regole di diligenza in modo marchiano e grossolano.

Forse, però, c’è qualche altro elemento che rimane dubbio.

1.

Innanzitutto, in effetti, ad esempio, se lo scudo è solo penale, proprio come indica la normativa, rimane completamente escluso l’ambito civile di risarcimento del danno.

Il che significa: il medico non rischia di “andare in galera”, ma continua ad essere esposto al rischio di risarcimento del danno richiesto dal paziente o dai congiunti: il suo patrimonio rimane comunque in pericolo.

Proprio per questo, le regioni e le strutture sanitarie, spesso, chiedono coperture assicurative aggiuntive ai medici vaccinatori, che quindi sono e rimangono in prima linea, anche sul fronte della responsabilità.

2.

La punibilità è esclusa solamente in relazione al momento della vaccinazione: ma che dire della enorme questione del consenso informato? O ancor prima, della raccolta dei dati anamnestici?

Questi problemi, allo stato, sembrano essere rimasti aperti e non considerati, sicché dovranno essere valutati secondo gli ordinari dettami indicati dalla legge e dalla giurisprudenza.

Il consenso, dunque, dovrà essere pienamente informato e consapevole, dovrà essere reso a seguito di approfondito colloquio che chiarisca i rischi, le conseguenze possibili ed i benefici del vaccino.

Con tutto ciò che tale previsione comporta a carico dei sanitari, come è noto.

E che dire dei medici che scelgono di inoculare un tipo di vaccino piuttosto che un altro, sulla base della raccolta anamnestica? Sarà possibile per i pazienti sollevare censure su tale aspetto? Allo stato, pare proprio di sì…

3.

La norma, poi, esclude la punibilità “quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni” delle autorità.

In altre parole si prevede che il medico non può essere punito quando si comporta con diligenza.

Questa previsione, però, oltre ad essere dovuta e normale, è già ampiamente prevista nella legge Gelli-Bianco, che regola la materia della responsabilità sanitaria.

La normativa emergenziale di aprile, nella concretezza, esclude la punibilità quando il vaccino viene inoculato correttamente, ma risulta essere stato alterato a monte, per non essere stato prodotto o trasportato o mantenuto correttamente, o per avere causato degli effetti secondari negativi ed in qualche modo prevedibili, per la sua stessa composizione chimica.

In tutti questi casi il medico non dovrebbe essere coinvolto nel processo penale, o comunque non dovrà rispondere del reato di morte o lesioni del paziente.

Anche questo, tuttavia, sarebbe (in realtà, è) già previsto dall’ordinamento, ma purtroppo è servito un rafforzativo (più psicologico che altro) per tentare di scardinare l’abitudine di puntare il dito subito contro il medico.

Ci si potrebbe a questo punto chiedere se il decreto legge avrebbe potuto o dovuto prevedere qualcosa di più forte e netto.

In realtà, si ritiene francamente di no.

La legge Gelli, in effetti, già prevede un sistema di tutele del paziente e, in maniera diversa, anche dei sanitari, ed in questo decreto legge è stata ampiamente mutuata e replicata.

Ogni tentativo di tutela maggiore esporrebbe al chiaro rischio di incostituzionalità, e costituirebbe un passo falso per il legislatore, ma soprattutto un boomerang micidiale per i medici ed i sanitari, che riterrebbero di essere al riparo da rischi invece ai quali rimarrebbero esposti.

In definitiva, lo scudo penale ha essenzialmente il merito di richiamare l’attenzione su di un problema – quello della difesa dei sanitari – molto sentito e delicato.

Non molto di più.

Tuttavia, perché vi sia veramente equilibrio tra i diritti del paziente e la tutela dei sanitari, vi è la necessità che nasca una coscienza sociale diversa, più alta e rispettosa delle posizioni, professioni, condizioni altrui, sia da parte dei pazienti (e degli stessi medici), sia dei magistrati, avvocati, medici legali e tecnici che trattano la materia della responsabilità sanitaria.

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