La mancanza di linee guida proteggerà i medici dalle richieste di risarcimento da responsabilità medica?
Nell’ultimo periodo siamo stati travolti da un’emergenza nazionale e mondiale che prende il nome di SARS-CoV-2, detto anche coronavirus.
Da gennaio abbiamo purtroppo assistito ad un aumento esponenziale dei malati e delle morti conseguenti al diffondersi del virus, e già molte voci nel nostro paese si sono levate ad invocare una responsabilità – o al contrario una sorta di immunità – dei medici e dei sanitari
Se da una parte infatti già si promettono cause di risarcimento per responsabilità sanitaria per conto dei familiari dei pazienti deceduti, dall’altro lato si propongono iniziative legislative volte a creare uno “scudo penale e civile” a favore di medici e ospedali.
Ma come saranno le cause che sicuramente verranno iniziate dai pazienti o dai loro familiari?
Sarà la gestione clinica del Coronavirus considerata “di speciale difficoltà”, almeno nel periodo iniziale?
I medici e le strutture ospedaliere potranno invocare a loro difesa una “speciale difficoltà” nella diagnosi e soprattutto nel trattamento dei malati di Coronavirus, per chiedere il riconoscimento dell’inesistenza di responsabilità?
La legge stabilisce all’articolo 2236 cc che “se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà” il sanitario è responsabile solo in caso di dolo o di colpa grave, e la Cassazione ha più volte ribadito che in questi casi rientrano esattamente le ipotesi in cui la malattia trattata non è ancora stata sufficientemente studiata o è ignota.
Ebbene, è evidente che nel nostro caso la patologia era sconosciuta (in quanto non esisteva) fino a qualche mese fa, che il trattamento farmacologico del COVID-19 è ancora sperimentale ed empirico, e che quindi non ci sono linee guida chiare su come procedere in questi casi.
Da inizio marzo, infatti, sono stati diramati via via alle ULSS solamente dei protocolli regionali, che tuttavia hanno un impatto (e una tutela dei medici) limitato, anche in considerazione del fatto che ogni regione ha diramato direttive proprie, con contenuti diversi e peculiari.
I farmaci impiegati, inoltre, vengono testati ora, “in corsa” e la loro efficacia è tutta da dimostrare.
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La speciale difficoltà potrebbe risiedere, dal punto di vista soggettivo, certamente anche nella situazione di emergenza in cui citroviamo, con ospedali affollatissimi e strutture con troppi pochi posti letto rispetto alle esigenze.
Ma fino aquando medici, infermieri e ospedali potranno invocare la tutela di questa disposizione?
Ad oggi non è dato saperlo, forse fino al cessare dello stato di emergenza decretato dal governo al 31.7.2020, forse solo fino all’inizio della cosiddetta “fase 2”, forse in un periodo intermedio.
Anche credere che tutto finirà con un intervento legislativo di “scudo” ai sanitari appare irrealistico, per il fatto che verrà invocata a gran voce l’incostituzionalità di un qualsiasi decreto o legge che tuteli a priori il mondo medico, già peraltro vistocon diffidenza da molti pazienti.
Non rimane che approfondire le soluzioni che l’ordinamento già offre, calandole nella realtà di oggi.
Ed è per questo che è importate farsi affiancare dal giusto professionista!
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