Non si può condannare il medico se l’evento negativo si sarebbe verificato anche con una condotta corretta alternativa
La recentissima sentenza della suprema Corte di Cassazione Penale (n. 4063/2021) ribadisce con forza il principio secondo cui il Giudice, nel valutare un caso di responsabilità medica in un processo penale, deve accertare non solo la colpa del medico, ma anche il rapporto di causalità ed il comportamento corretto che il medico avrebbe dovuto seguire in alternativa.
E proprio per non aver seguito questo iter logico e giuridico, la sentenza ha annullato la condanna del medico per omicidio colposo (in Corte d’Appello) in un caso in cui un paziente, arrivato in pronto soccorso per cefalea retronucale e cervicalgia, era stato dal medico dimesso ed era poche ore dopo deceduto per una emorragia cerebrale massiva.
Ed in effetti, è necessario che il giudice nella sua decisione prenda in considerazione ed accerti esplicitamente:
- gli aspetti relativi alla colpa del medico, se sussistente, ed al grado della colpa (lieve o grave), anche a seconda che si tratti di colpa per negligenza, imprudenza o imperizia;
- il rapporto di causa-effetto tra la condotta del medico e l’evento negativo (in questo caso la morte del paziente);
- il giudizio controfattuale, e cioè cosa sarebbe accaduto nel caso in cui il medico avesse tenuto la condotta alternativa corretta.
Questo significa, ad esempio, che se il paziente sarebbe comunque deceduto, a causa della gravità della patologia che l’aveva colpito, anche nel caso in cui fosse stato subito ricoverato e immediatamente trasferito sul tavolo operatorio, il medico non può essere evidentemente condannato per omicidio.
Diversamente, infatti, si pretenderebbe dal medico non solo di curare i pazienti al meglio, ma di garantire il diritto a vivere sani, indipendentemente da tutto.
Emerge di conseguenza di centrale importanza, per la difesa del medico, anche nel processo penale, una strategia difensiva ragionata, che si basi su una perizia specialistica.
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