Analisi e Criticità tra passato e presente. La prospettiva per il futuro della telemedicina.

La telemedicina in Italia è un fenomeno che ormai da diversi anni si sta diffondendo e che, in quest’ultimo periodo storico in particolar modo, ha avuto occasione di diffondersi e inserirsi nel nostro contesto quotidiano.
Essa nasce infatti diversi anni or sono con applicazioni principalmente nell’ambito del telemonitoraggio di pazienti con problemi cardiaci, ovvero per diagnosi a seguito di esami strumentali (radiologici e non), con la possibilità di consulti anche tra colleghi di nazioni e continenti diversi.
È innegabile dunque l’utilità e l’opportunità tangibile che questo strumento può offrire non solo ai sanitari, per una fattiva collaborazione tra loro, ma anche ai pazienti, garantendo in taluni casi l’accessibilità a monitorazioni costanti, ma anche a visite specialistiche da remoto che altrimenti non sarebbero possibili se non con difficoltà e tempistiche spesso sfavorevoli.
Tale metodo di lavoro, sperimentato su larghissima scala in epoca Covid proprio per far fronte all’esigenza di un sempre crescente numero di pazienti e al contempo al rischio di esposizione nella condivisione di spazi e ambienti, non è tuttavia esente da rischi.
I rischi
- Per iniziare si potrebbero citare, senza troppo approfondire, le questioni tecniche legate all’esigenza dei sanitari, ma anche dell’utenza, di essere in possesso di idonei strumenti di comunicazione, di una rete internet sufficientemente stabile e banalmente di un luogo ove poter “visitare” con la dovuta riservatezza.
- L’altro tasto dolente è indubbiamente legato alla questione privacy e invio di dati altamente sensibili tramite piattaforme e collegamenti digitali, questione che impone l’utilizzo di dispositivi e software in grado di tutelare e proteggere i dati ricevuti da attacchi esterni, furti, ecc.
- Non da ultimo c’è la questione della vera e propria responsabilità del medico nei confronti del paziente in caso di accuse di malpractice.
Cosa dice la giurisprudenza?
In primo luogo bisogna precisare che non esiste ad oggi un orientamento giurisprudenziale certo, e si naviga “a vista”.
I tempi del diritto sono infatti lenti e, non esistendo una normativa specifica né un così vasto numero di casi, finora la giurisprudenza si è basata sulla normativa esistente in tema di responsabilità sanitaria.
Un orientamento più rigoroso inquadra la telemedicina nell’ambito di applicazione del “problema tecnico di speciale difficoltà” così come richiamato anche per le cause di responsabilità da medicina “tradizionale” e discendente dall’art. 2236 c.c., che lega la responsabilità del medico alla sola colpa grave.
Tuttavia l’utilizzo dell’art. 2236 c.c., peraltro sempre più ridotto, non può ritenersi sempre e comunque applicabile, atteso che in alcuni casi l’utilizzo di tale tecnologia non aggrava la difficoltà della prestazione medica.
Ciò, invero, riporta la problematica all’obbligo (con conseguente attribuzione di eventuale responsabilità) del medico di valutare, di volta in volta, l’opportunità di procedere con l’approccio al paziente tramite la telemedicina ovvero con una visita tradizionale con contatto diretto, considerata l’impossibilità oggettiva di eseguire una visita “fisica”.
In effetti, altri orientamenti dottrinali più elastici non tengono in considerazione le caratteristiche delle telemedicina, e trattano questi casi come responsabilità sanitaria “classica”, di fatto riversando sull’operatore sanitario ogni responsabilità e ogni onere di prova.
La legge, per ora, non offre linee guida, né orientamenti specifici.
Quali speranze per il futuro
Ad oggi quindi, nonostante la diffusione di questo sistema, spinta non solo dalle esigenze epidemiologiche attuali ma anche da una realtà sempre più globalizzata e interattiva, la normativa italiana tace, non fornendo supporto alle strutture sanitarie e agli operatori che intendono e necessitano di servirsi di questo strumento, lasciando quindi alla discrezionalità di questi la predisposizione delle condizioni necessarie al corretto funzionamento e svolgimento della professione.
Tale silenzio innegabilmente però produce anche un rischio di esposizione a responsabilità che nei fatti non aiuta né favorisce la diffusione di uno strumento che rappresenta probabilmente il futuro e un enorme passo avanti per il sistema sanitario nazionale anche in termini di tempi e costi.
La speranza è dunque che, mosso dal particolare momento storico e da una globalizzazione incalzante, il nostro Legislatore metta mano alla questione per permettere una diffusione maggiormente tutelata di tale strumento.